Tra la vendita e la negoziazione: i “criteri” del cliente

i criteri del cliente

Tra la vendita e la negoziazione: i “criteri” del cliente

Tratto dal libro “Il Segreto del Carisma” di Emanuele Maria Sacchi

Quando partecipiamo a un corso sulla negoziazione, ci insegnano che è fondamentale conoscere e rispettare le esigenze del cliente. Ci raccontano, a ragion veduta, che le esigenze sono di due tipi:

esigenze espresse, cioè quelle che il cliente esprime spontaneamente, senza bisogno di domande particolari;

esigenze nascoste, quelle che invece il cliente non svela subito, quelle che hanno bisogno, per essere identificate, di domande opportune e mirate; quelle, inoltre, di cui il cliente potrebbe non essere consapevole.

I bravi venditori ascoltano le esigenze espresse del cliente e ne tengono conto. Salendo di livello e di professionalità, i bravi consulenti vanno oltre: non solo considerano le esigenze espresse, ma altresì desiderano esplorare e far venire a galla anche le esigenze nascoste, quelle esigenze, per intenderci, di cui il cliente potrebbe non avere una piena conoscenza e che, tuttavia, potrebbero rivestire una considerevole importanza. A questo punto, i bravi consulenti fanno un riassunto di quanto emerso, dimostrando così, al cliente, di averlo ascoltato veramente.

Il riassunto delle esigenze ha un altro, fondamentale obiettivo: se vogliamo che il cliente percepisca la nostra proposta come mirata e personalizzata, il riassunto delle esigenze favorisce proprio questa percezione.

Per avere le maggiori e le migliori informazioni possibili, personalmente utilizzo una tecnica di domande che ho chiamato “Domande della Rosa”. Consiste in quattro semplici quesiti, uno per ogni lettera della parola “rosa”; sono delle domande che normalmente favoriscono il dialogo e l’apertura, oltre naturalmente a far emergere le reali esigenze del cliente, anche di quelli più chiusi e riservati.

LE DOMANDE DELLA R.O.S.A.

“Rosa” è uno dei termini più facili da memorizzare. Se si è studiato il latino probabilmente è uno dei primi vocaboli che abbiamo imparato, e questa parola rappresenta un acronimo a mio avviso interessante ed efficace.

Infatti:

“R” sta per risultati.

La prima domanda mirata a far emergere le esigenze dovrebbe essere gratificante, in modo da predisporre positivamente il cliente a un dialogo aperto e cordiale.

A molti piace parlare dei propri successi! Un altro obiettivo perseguibile, con questa domanda, è conoscere quali risultati sta ottenendo il cliente in questo momento e a cosa attribuisce il merito dei suoi successi. Le domande “R” sono, per esempio: “posso chiederle cosa avete fatto di significativo ultimamente?”, “quali risultati avete ottenuto?”, “come siete riusciti a superare questo particolare momento di mercato?”, “dove avete concentrato maggiormente le vostre energie?”, “quali sono i vostri punti di forza?”…

“O” sta per ostacoli.

A questo punto si deve evitare che il cliente si concentri unicamente sugli aspetti positivi e quindi dobbiamo sapere quali ostacoli sta incontrando, anche per cominciare a individuare l’area del nostro auspicabile contributo.

Conseguentemente alcune domande possibili sono: “che genere di difficoltà avete incontrato?”, “cosa vi ha impedito di ottenere risultati ancora migliori?”, “cosa vi ha ostacolato?”, “quali criticità avete riscontrato?”…

“S” sta per strumenti.

Questo è un punto cruciale: una volta evidenziati gli ostacoli, quello che maggiormente interessa è come superarli, con quali strumenti.

L’obiettivo delle domande “S” è individuare un nostro possibile contributo alla situazione del cliente e quindi uno spazio concreto per fare business insieme, per esempio chiedendo: “in questo momento, di quali risorse avreste bisogno?”, “cosa vi aiuterebbe a migliorare sensibilmente la situazione?”, “di quali strumenti disponete già, e quali potrebbero servirvi?”, “in quale ambito specifico, e con quali modalità, vi servirebbe un contributo valido?”…

“A” sta per ambizione.

Questo è l’aspetto motivazionale, che normalmente fa decidere al cliente di agire. Per ottenere il suo coinvolgimento, vogliamo rendere importanti i benefici relativi all’utilizzo degli strumenti che eliminerebbero o ridurrebbero gli ostacoli, migliorando i risultati.

In questa fase alcune domande possibili sono: “se avesse a disposizione gli strumenti necessari, quali risultati potrebbe ottenere?”, “se agissimo in questa direzione, quali vantaggi porterebbe alla sua azienda? E al suo ruolo?”, “concentrandoci su questa priorità, quali conseguenze positive si verificherebbero?”.

È ovvio che le domande della rosa vengono sempre anticipate dalla creazione del rapporto e della sintonia, senza i quali risulterebbero forse invadenti. Queste domande, che vanno naturalmente modificate a seconda della situazione e dell’interlocutore, normalmente danno informazioni utili in pochissimo tempo.

Di norma la conoscenza e l’analisi del cliente si ferma qui.

Peccato!

Per comprendere veramente chi abbiamo di fronte, credo infatti che manchi qualcosa di straordinariamente importante, qualcosa di cui, ai corsi di negoziazione, non si parla quasi mai: i criteri.

I criteri del cliente rappresentano i suoi fattori di valutazione: i motivi in base ai quali quel cliente si fa un’opinione di noi, gli aspetti che determinano la sua percezione. I criteri sono le materie che il cliente valuta, e valuterà, quando ci consegnerà la pagella. Sono quei fattori in base ai quali ci rinnoverà la sua fiducia o ci abbandonerà senza troppe spiegazioni.

Temo che i criteri dei nostri clienti siano, nella stragrande maggioranza dei casi, del tutto ignoti. Anzi, credo che ignoriamo i criteri persino dei nostri familiari, dei nostri amici e delle persone a cui vogliamo bene. Per esempio, immaginiamoci, questa sera, di trovare il coraggio per fare una domanda particolare a una persona cara, una domanda tipo: “senti, ma tu come fai a sapere che ti voglio bene? Di tutto quello che facciamo, della nostra vita… da cosa ti accorgi, da cosa senti, da cosa capisci, …che ti voglio bene?”. Se trovassimo il coraggio di fare una domanda del genere io credo che la risposta, almeno in parte, ci sorprenderebbe!

Tempo fa scoprii un criterio di mia moglie: quando lei si reca dal parrucchiere, e non ci va nemmeno spesso, io lo devo notare immediatamente!

Se non mi accorgo subito che ha fatto la piega, o peggio ancora il colore, per lei significa che non la guardo più con attenzione e che il nostro rapporto, forse, si sta raffreddando!

Questo del parrucchiere è, a tutti gli effetti, un criterio: è un qualcosa di intimo, di personale e quindi di soggettivo, in base al quale un essere umano si fa un’idea, una percezione, di un altro essere umano. Se noi ignoriamo i criteri delle persone con cui viviamo e frequentiamo abitualmente, …figuriamoci quelli dei nostri clienti!

L’argomento penso sia vitale: cosa c’è di più importante della conoscenza e del rispetto dei criteri, di quei fattori in base ai quali l’altro si fa un’opinione di noi e, di conseguenza, si relaziona a noi?

Va bene la comprensione delle esigenze, …ma i criteri?

E soprattutto, una volta rilevate le esigenze e i criteri del cliente, li ho realmente compresi, ho invitato il mio cliente a specificarli?

Tempo fa stavo per perdere un mio affezionato cliente. Andandolo a trovare per programmare insieme a lui i mesi futuri, mi resi conto che non gli avevo mai fatto, in oltre cinque anni di partnership, una domanda per conoscere i suoi criteri. Verso la fine dell’incontro decisi quindi di colmare la lacuna e gli chiesi:

– Senti Giorgio, ti faccio una domanda un po’ particolare, sono curioso: secondo te, al giorno d’oggi, quali caratteristiche dovrebbe avere un consulente molto efficace?

Giorgio ci pensò qualche istante, finché disse: – Mah, credo che ormai i servizi e i seminari preconfezionati abbiano fatto il loro tempo.

Penso che un consulente in gamba oggi dovrebbe dedicare molto tempo alla progettazione: sedersi al mio tavolo e insieme decidere ogni cosa, in modo che qualunque progetto sia assolutamente mirato alla nostra realtà.

Come si dice… “taylor made”: su misura.

Quando Giorgio mi disse quelle parole, mi venne freddo al cuore: in cinque anni non mi ero mai comportato così con lui. Avevo semplicemente ascoltato i suoi obiettivi commerciali e avevo agito per raggiungerli. Per fortuna o per bravura il risultato era sempre arrivato puntuale, tuttavia mi resi conto che Giorgio era un cliente “a rischio”. Se il giorno dopo si fosse presentato un nuovo consulente con il suo approccio “taylor made”, su misura, Giorgio probabilmente l’avrebbe preferito al sottoscritto.

Se non conosci o se ignori, i criteri del cliente, prima o poi potresti calpestarli: è come camminare su un terreno minato, i pericoli sono nascosti, tuttavia sono reali e, drammaticamente, non lasciano scampo.

D’altro canto la comprensione e il rispetto dei criteri del cliente rappresentano il patto di fedeltà reciproco: se io cliente incontrassi un consulente che conosce e osserva i miei criteri, perché dovrei cercarne un altro?

Anzi, probabilmente sarei anche disposto a fare pubblicità positiva al mio consulente ideale, a dargli referenze, e lo aiuterei ad allargare il suo network di relazioni e il suo business.

In questi anni ho notato come i migliori negoziatori, i top performer, non tralascino affatto questi aspetti, tutt’altro. Ecco alcune possibili domande per rilevare i criteri del cliente:

Secondo lei, che differenza c’è tra un discreto consulente e un ottimo consulente?

Al di là del prezzo, cosa è importante per lei, quali aspetti sono per lei prioritari?

In base a quali aspetti seleziona i suoi partner commerciali?

Quali caratteristiche dovrebbe avere il suo consulente ideale?

Se due o tre aziende fossero in grado di rispondere alle sue esigenze, al di là del prezzo, cosa farebbe la differenza?

E per ultima:

  • Posso chiederle, signor Rossi, cosa si aspetta specificamente dal suo consulente di fiducia?

Queste domande di solito sono molto gradite dai clienti, perché esprimono loro un interesse reale. Le persone carismatiche vogliono sapere i criteri degli altri, per instaurare relazioni profonde e durature.

Inoltre, anche se variano moltissimo a seconda del business, l’aspetto più interessante, nell’ascoltare le risposte dei clienti, è che i loro criteri sono molto frequentemente legati alle caratteristiche personali del consulente. Le risposte più frequenti sono spesso “il rapporto di fiducia che si crea”, “la disponibilità”, “una comunicazione intensa”, “un ottimo post vendita e un’eccellente assistenza”, e così via. Naturalmente queste sono tutte parole astratte!

Il professionista userà la sua capacità per invitare il cliente, delicatamente, a specificare questi termini, altrimenti la comprensione dei criteri sarà tutt’altro che completa, restando, appunto, astratta e oggetto di incomprensioni future.

Ogni cliente ha i suoi criteri: diversi, personali, intimi; vanno da chi li rispetta e restano fedeli.

Quando mia figlia Francesca aveva otto anni decisi di farle una domanda relativa ai suoi criteri nei miei confronti. Ero curioso di sentire la risposta. Prima di augurarle la buona notte le sistemai il cuscino e le chiesi:

– Francesca, ma tu come fai a sapere che il tuo papà ti vuole così bene?

Lei spalancò gli occhi e con aria maliziosa rispose: – Lo so tutte le volte che mi compri le figurine delle Winx!

Decisi che non potevo limitarmi ad accettare quella risposta e quindi insistetti:

– Sì, lo so che ti piacciono le figurine, ma dimmi la verità, da che cosa senti veramente che ti voglio un mondo di bene?

Francesca non si fece pregare; mi scivolò tra le braccia e decise di lasciarmi senza fiato, dicendomi:

– Papà, io so che mi vuoi bene quando torni a casa dal lavoro, quando non ti fermi fuori a dormire.

– Come Francesca, vuoi dirmi che quando lavoro lontano da casa e devo fermarmi in qualche albergo, per te significa che non ti voglio bene?

– Proprio così papà – ribatté convinta lei. – È più importante il tuo lavoro o sono più importante io?

A quelle parole restai per qualche istante immobile, come trafitto. Poi mi ripresi e spiegai a Francesca alcune caratteristiche del mio lavoro che non le avevo mai detto, rassicurandola. L’invitai anche a una mia conferenza: si sedette in un angolo con suo fratello e, a sentir loro, è stata un’esperienza interessante…

Francesca è sempre un po’ dispiaciuta quando non torno a casa, tuttavia capisce che il mio lavoro comporta degli spostamenti, e non ne soffre più come prima. Io, da parte mia, cerco di starle vicino il più possibile.

Lei lo sa e lo apprezza.

Se ignori i criteri dell’altro, se non li conosci, prima o poi li calpesti.

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«Decisamente dalla parte degli agenti»

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